Travels

Da Ekaterinburg a Irkutsk Mamma vado in Erasmus

Di Giulio Valli 

#DayTwentyFive -> Ekaterinburg 🇷🇺

“Non siamo noi che facciamo il viaggio, è il viaggio che ci fa e ci disfa e ci inventa.”
(David Le Breton, Il mondo a piedi)

Chi di voi viaggia in treno crede nelle coincidenze, o quantomeno ci spera ecco. Fortuita coincidenza vuole, per l’appunto, che una amica di Maria, condivide un monolocale con una ragazza di Eikatemburg. E si dà il caso che Lidia, la mia sopracitata coincidenza, stia sorridendo proprio davanti a me, puntuale come nessuna coincidenza mai. Un miraggio per molte stazioni. Scendo dal treno e la abbraccio.

Siamo due perfetti sconosciuti, che si incontrano sul confine tra Europa ed Asia. Urali, color panna rancida, immediati vicini del verdone Siberiano se non ricordo male Risiko, l’unica vera fonte di geografia per un ex studente medio “ITIS” come me.

Viviamo addirittura in due continenti diversi, ma siamo giovani e curiosi allo steso modo ed entrambi crediamo possa bastare. Insomma la campagna di Russia per il momento non va male, sarà che essere Italiani sembra aiutare in periodo di pace.

Lidia guida mentre la città scivola sul finestrino. Fuori è già buio. Le fontane in questa città cantano e ballano, illuminate ora di verde ora di rosso ora di blu. Dormire anche questa notte sembra impossibile o quantomeno arduo.

A pochi minuti da Eikatemburg c’è un lago. Ora, tecnicamente la Siberia inizia tra 300 km circa, però vi chiedo di chiudere un occhio, anzi due, e di immaginare insieme a me che di Siberia si tratti, così da rendere questo bagno un romantico ricordo per il futuro.

#DayTwentySix -> From Ekaterinburg 🇷🇺 to Irkutsk 🇷🇺

“Il treno, con i suoi agi di tempo e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l’attenzione per quel che si ha attorno.”
(Tiziano Terzani)

Gli scaffali di un supermercato Russo non son poi così diversi da quelli che siamo abituati a vedere dalle nostre parti, se non fosse per il dannato alfabeto cirillico che continua ad essere una delle mie più grandi difficoltà in questo viaggio. Afferro una confezione di cornetti alla marmellata, sembrano squisiti. Siano benedette le immagini, nella speranza non si scoprano poi esser state ingannevoli. Ad ogni modo non ho alternativa, mi autoconvinco siano davvero deliziosi e li butto nel carrello. Ho esattamente 60 minuti di tempo per procurarmi tutto il necessario per le prossime 60 ore di viaggio. In questo momento vorrei una mamma tascabile, magari un giorno potrò contribuire ad inventarla, ho molte idee a riguardo.

Sono le 21.45 e il mio treno parte alle 20.12 strano no?! Tutto quello che probabilmente ancora non sapete è che qui i treni conoscono solo il “Moscow time”. Le stazioni di tutta Russia sono solidali a quel sistema di riferimento. Ora cercate di mettervi nei panni del giovane studente siberiano che deve presentarsi a scuola puntuale alle 8 (Local time) prendendo il treno alle 4.30 (Moscow and station time). Seppur il tragitto sia solo 15 minuti e di fatto non cambi nulla, questa convenzione a quell’ora del mattino personalmente mi metterebbe in crisi non poco. Al posto suo bigerei un giorno su due, involontariamente si intende.

Ecco di nuovo la mia casa su rotaia, porta un numero, come tutte le case, però avrà un indirizzo mobile. Distolgo lo sguardo da quel “4” in metallo e mi decido a salire. Percorro il corridoio cercando il mio posto, Europa alle spalle Asia negli occhi.

I brividi mi svegliano, stropiccio gli occhi e questi bruciano più del normale. Ora è il turno delle gambe, le muovo avvertendole pesanti. Sento la gola innaturalmente gonfia e inizio a temere e tremare. La febbre sicuramente l’ho vinta! Ora vi bypasso la parte in cui mi specchio dicendo “aaahhhhhhhhh” per inghiottire il flash del telefono nel tentativo di vedere meglio e vi garantisco di aver vinto anche delle placche omaggio. “Gerry, chiedo l’aiuto da casa!” La cugina dottoressa ormai è abituata, in Peru le ho chiesto consulto per otite, funghi e altri pruriti strani che si son poi rivelati essere semplici ma fastidiosissime pulci. La fortuna ha sorriso anche questa volta, quantomeno il tempismo è stato perfetto. 60 ore di convalescenza ambulante gioveranno parecchio. Sono attrezzatissimo, ho medicinali, tempo e persino le attenzioni della signora che dorme vicino a me che gentilmente proprio ora mi sta porgendo una tisana calda.

#DayTwentySeven -> From Ekaterinburg 🇷🇺 to Irkutsk again 🇷🇺

“Non è la scomparsa dei suoni che fa il silenzio, ma la qualità dell’ascolto, il leggero pulsare della vita che anima lo spazio. Il silenzio produce un’acuta sensazione d’esistere.”
(David Le Breton, Il mondo a piedi)

La Siberia è una terra vasta che ti costringe a fare il bilancio di te stesso. Federico Pace in “senza volo” parla di una specie di sfinimento e annullamento, ha ragione.

Ricordo di esser stato un bambino maledettamente curioso, poi con gli anni la curiosità si è affievolita. La giovinezza ha una fase nella quale scrollare le spalle e disinteressarsi fa sentire arrivati. Ora mi sembra di aver ritrovato quella fame, quella dimensione che avevo da più giovane.

Ho ripreso a leggere. Leggo di tutto. Libri, bugiardini, messaggi bellissimi e quando mi danno da pensare alzo lo sguardo e mi perdo nella Siberia che corre.

“…Ho sempre amato-fantasticato sui rapporti epistolari; mi ricordano che ogni tanto è giusto ripristinare l’ordine dei propri pensieri. Una sorta di debito verso noi stessi che qualcun altro ti ricorda di saldare. Vedi, tu hai l’espediente del ‘’diario della rotaia’’ per sbrigliare i tuoi nodi. Io a volte invece mi dimentico di farlo, perché la velocità della vita spesso mi sorprende impreparata.
Ti immagino lì, a vivere le vite di altri attraverso una polaroid mentale, immedesimarti nei loro gesti, appoggiare il piede sulle orme che hanno lasciato prima di te. Un po’ come quando si fanno dei piccoli saltelli sul bagnasciuga perché la falcata di chi è già passato è più lunga della tua (cioè, sicuramente delle mia) …”

Ecco è questo il caso, sorrido alzo lo sguardo e cerco la steppa e nel frattempo mi accorgo di stare tremendamente meglio.

È abbastanza normale che la mastodontica via ferrata Mosca-Pechino non possa avere gli stessi ospiti per tutti gli 8961km. La terza classe, è un porto di mare. Capita che durante un pisolino il tuo vicino di letto cambi. Vite che salgono a bordo sostituendo il posto ancora tiepido delle storie che prendono il largo ad ogni fermata. Si cambia il lenzuolo e ci si stende senza indugiare. Alle volte però capita ci si saluti, specialmente se si ha letto insieme tutto il giorno, fissato lo stesso paesaggio e comunicato nonostante le lingue diverse. La signora della tisana si mette il cappellino, mi strizza il braccio che penzola dalla branda e mi saluta calorosamente. Le sorrido nel buio.

Apro gli occhi ed è una ragazzina alquanto giovane a sorridermi, credo incuriosita del mio aspetto inusuale. Inizia dalla domanda numero uno: “dove vai?!” In un perfetto inglese. La seconda invece non è di routine e un po’ mi spiazza: “mi vuoi sposare?!”

Ekaterinburg

MAMMA VADO IN ERASMUS 🇮🇹🏃🏻🇨🇳
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